ANTONIO ARRIGHI

L’Aleatico passito dell’Elba DOCG

L’Aleatico è il prodotto che più rappresenta gli elbani e la secolare viticoltura isolana. E’ il vino della tradizione, delle feste, di benvenuto agli ospiti. Quel vino che merita, per la sua importante storia e fama, notevole considerazione.

Le uve Aleatico marcano la loro presenza sul territorio fin dal 1300 per poi diventare simbolo di tradizione ed accoglienza, e conquistare al gusto addirittura – per la grande peculiarità di queste uve di mitigare le note amare – Napoleone Bonaparte, grande amante, per contro, dello Champagne – note alla cronaca sono le sue incursioni nelle cantine di Moët & Chandon – tipologia di vino che – come sappiamo – ben si allontana da quella a cui danno luogo le uve aleatico.

Il vino dell’Imperatore al quale diventò caro, quindi, durante il suo esilio all’Elba sin dal suo sbarco nel maggio del 1814, subito dopo l’abdicazione firmata a Fontainebleau. Si narra, infatti, che Bonaparte,  inizialmente timoroso per l’accoglienza poco benevola da parte degli isolani, ebbe subito smentita dei suoi errati pensieri grazie all’entusiasta accoglienza degli elbani: entusiasmo che fece suo e che trasferì in alcuni settori dell’economia elbana, tra cui la viticoltura. Agli inizi del 1800 l’Elba, annessa alla Francia, vedeva nella viticoltura la sua principale attività, con i suoi  5.000 ettari di terrazzamenti vitati e le colline disegnate dalla coltivazione ad alberello introdotta dagli antichi greci. 10.000 i ceppi per ettaro.  Un nuovo impulso, quindi, per la viticoltura isolana che si spinse all’esportazione dei vini verso la costa toscana e ligure, oltre al sud della stessa Francia.

Diffuso in Puglia e a Gradoli, nel Lazio, l’Aleatico esprime, tuttavia, notevoli potenzialità nel territorio elbano, suo territorio di elezione, dove a seguito dell’appassimento naturale – come da tradizione sui graticci al sole o in locali parzialmente coperti, detti fruttai, per un periodo compreso tra i 10 e i 20 giorni, a seconda delle condizioni climatiche – garantisce un vino dalle caratteristiche molto particolari e uniche.

Le uve vengono, qui, coltivate su un’estensione di circa 45 ettari, con biotipo autoctono per eccellenza, precoce, raccolto nella prima decade di settembre, una buccia sottile e delicata nonché facile preda di muffe e marciume; prediligono la coltivazione in collina, caldo secco e ventilazione e non sopportano una lunga permanenza sulla pianta dopo la maturazione. La resa è bassissima.

Inconfondibili i suoi profumi varietali che ricordano il fico, la ciliegia sotto spirito, la confettura di more, la rosa rossa. In bocca è intenso e persistente, dolce ma non stucchevole grazie alla freschezza (acidità) e ai tannini mai irruenti. Si abbina ai tipici dolci dell’isola, fra tutti la “schiaccia briaca” e la “schiacciunta”.

Si gusta giovane, come da secolare tradizione, ma è apprezzato anche dopo un periodo di affinamento in legno. Le altre tipologie –  liquoroso, amabile, secco – oltre a non esistere, sono vietate. L’Aleatico dell’Elba è solo passito naturale.

Di seguito alcuni dati:

  • RACCOLTA: FINE AGOSTO – PRIMI DI SETTEMBRE
  • APPASSIMENTO NATURALE: 10 > 20 GIORNI IN MEDIA
  • MACERAZIONE: 5/7 GIORNI A CONTATTO CON LE BUCCE
  • DISTRIBUZIONE: DAL 1° MARZO DELL’ANNO SUCCESSIVO DELLA VENDEMMIA (8 MESI)
  • RESA MAX: 35% (da 100 KG DI UVA 35 LITRI MAX DI PRODOTTO)
  • DOCG DAL 2011
  • UNICA DOCG DOLCE DELLA TOSCANA
  • UNICO ALEATICO DOCG D’ITALIA
  • PRODUZIONE ANNUA: 40/50.000 BOTTIGLIE
  • CAPACITA’ AMMESSE Litri 0,375 – 0,500 – MAGNUM  Litri 1,500
  • AZIENDE PRODUTTRICI: 25
  • RESIDUO SECCO MEDIO 140 Gr/Litro

 

Antonio Arrighi

Delegato Toscana AIS Isola d’Elba