Cosa può un mare? Bollicine di Puglia e del Centro Sud

di Roberto Lacarbonara

 

Che la storia della Puglia sia intimamente legata alla relazione con il mare, anzi, con “i mari” che la circondano, quale felice penisola orientata a sud est, è ben noto dalle millenarie rotte commerciali, religiose e culturali che hanno visto la regione più orientale d’Italia divenire un riferimento fondamentale nell’equilibrio dell’intera area mediterranea. Ma questi mari sono nutrimento e sostegno insospettabili anche per le colture costiere, prima fra tutte i vigneti che riccamente adornano le lievi colline dall’entroterra sino ai litorali jonici e adriatici per oltre 900 chilometri.

Non poteva che tradursi in uno straordinario racconto e in un viaggio enologico quello che Giuseppe Baldassarre, Consigliere nazionale dell’Associazione Italiana Sommelier, ha proposto in anteprima in Puglia, all’hotel Il Melograno di Monopoli lo scorso 20 maggio 2022.

Dopo la presentazione al Vinitaly, l’evento organizzato da Vincenzo Carrasso e dallo staff di Ais Murga ha visto protagonista l’ultimo libro di Baldassarre, “Bollicine di mare. La scommessa degli spumanti di Puglia”, raccontato in raccordo con la degustazione di 15 spumanti dell’Italia centro meridionale radunati sotto l’insegna della intrigante domanda: “Cosa bolle nel Centro Sud?”

Una ricognizione che ha saputo definire, per la prima volta nella storia enologica regionale, una mappatura e una visione d’insieme coerente della produzione di spumanti in una regione che ha spesso visto eccellere interpreti solitari del perlage – si pensi al caso internazionale D’Araprì – ma poche certezze sul versante della comunicazione e della distribuzione.

“Bollicine di mare” è una tesi che sembra ritmare – e, ammettiamolo, sfidare – la forza narrativa delle bollicine di montagna, ben più antiche e blasonate, ma anche i parenti più nobili d’oltralpe, dove lo Champagne detta ancora le leggi della qualità e del valore.

In un paniere mondiale che vede l’Italia al primo posto per la produzione delle preziose bollicine – circa un miliardo di bottiglie, quasi il doppio delle francesi e ben più di inseguitori di eccellenza come Germania (400 mln), Russia (350 mln), Spagna e USA (200 mln) – l’export italico rivela una crescente capacità di penetrazione del mercato internazionale rappresentando il 70% delle vendite. Una produzione che tuttavia stenta a raggiungere la ricercatezza dei sofisticati Metodo Classico – appena 30 mln di bottiglie vs le 750 mln di Martinotti), ma che sempre con più convinzione ammette nuovi percorsi e scommesse legate all’esaltazione delle cultivar locali.

E in questo panorama così complesso e articolato, la Puglia propone alcune tra le più inedite proposte di spumantizzazione. “In Puglia – scrive Baldassarre nel volume, edito da Editrice L’Immagine, 150 pp., 15 € – manca una tradizione spumantistica vera e propria. Il clima è caldo e sono poco coltivate uve che, in altre parti d’Italia e del mondo, hanno già dimostrato di essere le più idonee alla produzione di vini con le bollicine, anche in rosa. Eppure alcune esperienze pilota, iniziate 60 e 40 anni fa, rispettivamente con metodo Martinotti-Charmat e con Metodo Classico, hanno fatto vacillare le granitiche certezze dei suddetti pregiudizi. Da qualche anno le sperimentazioni si sono fatte più frequenti, più insistenti, più convinte, finendo per interessare ogni porzione del variegato territorio pugliese, da Capitanata alla Murgia centrale, alla Valle d’Itria, al Tarantino, al Salento”.

Retrocedendo – tra documenti storici e assaggi, tra testimonianze e ricercati primati – Baldassarre ha raccolto le “prove” di una seppur timida tradizione spumantistica che risale sin alla seconda metà dell’800, ad esempio nelle prime tracce relative a una Verdeca di Gravina dal gusto abboccato e naturalmente frizzante che nel 1871 compariva su un manoscritto, oggi custodito nel locale museo della Fondazione Pomarici Santomaso, vero e proprio scrigno dell’arte e della cultura barocca napoletana e veneta in terra di Puglia.

Sebbene da molti secoli le fermentazioni più o meno spontanee fossero di casa nelle cantine pugliesi, è solo a partire dal secondo dopoguerra che il fenomeno incontra uno sviluppo e una crescita in grado di dare forza alle microproduzioni già esistenti e di rilanciare la spumantizzazione su ampia scala. Si tenta di dar vita a bollicine dal nobile Moscato in area di Barletta negli anni ’50; San Severo difende il suo Bombino bianco nei primi Brut Charmat di D’Alfonso Del Sordo (anni ‘70), mentre matura, su questa scia, l’esperienza di Girolamo D’amico, Louis Rapini e Ulrico Priore, amanti del jazz e della cultura enoica francese, presto in grado di convergere sul progetto D’Araprì nel 1979. E poi ancora, il lustro di enologi come Leonardo Pinto, decisivo per la vinificazione di Chardonnay e Pinot nero anche nell’azienda salentina di Leone De Castris; fino ad arrivare al più recente exploit – indubbiamente guidato da un favorevole mercato giovanile e disinvolto che trova nella bollicina una rinnovata occasione di vitalità e convivialità.

Ad oggi, sono meno di 5 milioni le bottiglie di spumante regionali – mancano dati ufficiali e questo rivela ancora una certa approssimazione nei flussi economici – di cui 4 milioni di Charmat, 400 mila Champenoise e 100 mila Ancestrali. Ma il dato più interessante proviene dalle cultivar dell’areale: oltre 30 le uve coinvolte in questa nuova sfida rivolta ai giganti della spumantistica italiana. Bianco D’Alessano, Bombino Bianco, Moscato, Minutolo guidano un trend che non disdegna nemmeno i più longevi internazionali: Chardonnay e Pinot nero. E poi ancora Fiano, Malvasie e qualche sorpresa tra i “minori” Maresco, Marchione, Pampanuto. Meno frequenti le uve nere tra cui Nero di Troia, Primitivo, Negroamaro, Montepulciano e un sorpendente Susumaniello in grado di vantare una invidiabile versatilità d’impiego.

Filo rosso e identitario, con sempre più marcate evidenze organolettiche, quella potente vena salina, salmastra e minerale che la terra assorbe dalla privilegiata frequentazione del mare, anche quando la parentela è insospettabile, come nell’entroterra gravinese dove, tuttavia, geologia e storie di navigazione hanno saputo garantire contiguità con l’immenso tesoro blu di questa terra nobile del sud.

LA DEGUSTAZIONE

Ben 15 etichette in degustazione, per un confronto tra vini che condividono la comune volontà di rinnovare il potenziale ampelografico del sud Italia, in direzione della spumantistica di qualità: Calabria, Campania, Basilicata, Abruzzo e Sardegna e naturalmente Puglia hanno regalato emozioni e prospettive di grade valore.

 

Sella & Mosca, Alghero – Alghero Torbato DOC 2017, Brut Metodo Classico

Se la tradizione sarda degli spumanti parla Moscato, nell’area di Alghero, sin dai primi del 900, l’ingegner Sella e l’avvocato Mosca iniziavano a riscoprire e sostenere un autoctono di grande personalità come il Torbato. Questo Metodo Classico, 100% Torbato, sosta per un anno sui lieviti. Brilla nel calice di giovane lucentezza paglierina, mentre accarezza l’olfatto con le note fruttate, esotiche, di pesca bianca e mela, sopra una radura di erbe aromatiche e macchia mediterranea. Vino immediato e infinitamente beverino, dall’effervescenza esuberante ma delicata, con un finale snello e sapido dalle piacevoli note agrumate, di cedro.

Masseria Piccirillo, Caiazzo (CE) – Prima Gioia, Brut

L’enologo e proprietario Carmine Piccirillo, sulle colline di Caiazzo, alleva un Pallagrello Bianco già protagonista al tempo dei Borboni nella Real Vigna del Ventaglio di San Leucio. Il Brut monovitigno resta 18 mesi in bottiglia dove nutre i lieviti fino a che scaturiscono frenetiche bollicine dentro un vino paglierino dei palpiti dorati. Naso articolato con note sottili di frutta e piglio agrumato con una incessante linea fumé, sostenuta da un tocco minerale e dalle erbe aromatiche. Freschezza pietrosa al palato, tagliente, sapida, che ne rende inconfondibile la personalità.

Marco Carpineti, Cori (RM) – Kius, Brut Metodo Classico

Marco Carpineti, alle pendici dei monti Lepini nel comune di Cori, al confine con la Ciociaria, vinifica al 100% il Bellone o Cacchione, l’antica “uva pane” mangiata dai contadini per merenda.

Due anni di affinamento sui lieviti per questo Metodo Classico perlaceo, nitido e luminoso, dipinto ancora di verdolino in una stoffa paglierino. Profuma di “gentilezza” nel fresco candore della mela verde, della frutta esotica e agrumata, in cui compaiono cenni di tostatura e frutta secca, oltre a una piacevole affumicatura. È la scia citrina, con acidità agrumata, a sostenere la persistenza e la piacevolezza di questo Brut.

Divino Roberto, Greci (AV) – Corte dei Roberto, Brut Metodo Classico

Tra l’Appennino campano e il subappennino Dauno, tra i boschi e le colline adagiate lungo il fiume Cervaro, nascono i vitigni di questo blend: Fiano 60%, Greco 15% e Piedirosso (o Per’ e Palummo) 25%.
L’assemblaggio ottenuto da affinamenti tra i 16 e i 24 mesi, garantisce allo spumante un gioioso ritmo di bollicine fini e minute dalla bella persistenza. Una citronella e un’incalzante florealità si circondano di un fresco tocco gessoso e accompagnano una curiosa mela cotogna fresca. Ricco di acidità ed energia sapida, rilascia in bocca il pompelmo, il cedro, il limone, risuonando al palato con carattere e persistenza.

Cantine del Notaio, Rionero in Vulture (PZ) – La Stipula, Brut Metodo Classico Millesimato 2017

È il volto gentile dell’Aglianico interpretato da Gerardo Giuratrabocchetti, infaticabile sperimentatore di questa cultivar bandiera del Vulture.

Ben 48 mesi di affinamento sulle frecce in grotte tufacee per questo Metodo Classico Millesimato 2017 dalle bollicine finissime, di un acceso paglierino. Note agrumate di spiccata eleganza nel mezzo della frutta bianca e rossa accompagnano l’olfatto e poi la beva, mentre l’eleganza equilibrata e rotonda al palato confermano la qualità di un vino ben domato, mai eccessivo, di pronta piacevolezza.

San Salvatore – Giungano (SA) – Gioì, Brut Rosè Metodo Classico

Siamo a Boscoreale, in un’antica terra ricca di storia nel cuore del Parco Nazionale del Cilento, dove i greci condussero l’Aglianico, il Fiano e il Greco.

Qui l’Aglianico è protagonista al 100%; nei 24 mesi di contatto con i lieviti matura la sua elegantissima livrea rosa, di cipria e fior di pesco. Il naso è di rara raffinatezza; gentilmente accompagna le note del pompelmo rosa e del lampone, su uno sfondo di rosa canina e qualche idea di lievito. Bellezza e rotondità mostrano il perfetto disegno delle bollicine integrate nel sorso che conduce a un piacevole guizzo amaricante e a un finale di mandorla e succo di melagrana.

Fausto Zazzara, Tocco di Casauria (PE) – Brut Metodo Classico

Fausto Zazzara pretende vini “Majgual” (mai uguali) ed è tra i vignaioli più audaci e convinti del potere della spumantistica abruzzese.

Il paesaggio regionale, rappresentato da Pecorino, Cococciola e Passerina, entra in bottiglia per sostare fino a 60 mesi. Adamantina la luce di questo paglierino che alterna riflessi verdoline a scie dorate, per effetto del blend. Appassionante l’abbrivio balsamico e di tostatura, ritmato dalla polpa bianca e da riverberi di anice e intrigante frutta secca. Vera e propria risonanza di freschezza e dense note fruttate nel lungo finale di beva.

Eredi Legonziano, Lanciano (CH) – Abruzzo DOC Brut Rosè Metodo Classico

Sulle colline che circondano l’abitato di Lanciano, protette dalla Maiella e baciate dall’Adriatico, questo 100% Montepulciano d’Abruzzo matura per 16 mesi sui lieviti. Ne deriva un rosè tenue che ricorda la pesca e l’oro rosa, mentre al naso le note di fragola, di mandarino e la freschezza agrumata anticipano un assaggio convincente e fresco, dove il pompelmo resta protagonista accanto a una piacevole sapidità.

Librandi, Cirò Marina (KR) – Rosaneti Brut Rosè Metodo Classico Millesimato 2019

In Val di Neto a Cirò Marina, in provincia di Crotone, Librandi rappresenta un capofila della nobiltà enologica di una regione che merita attenzione e valorizzazione.

100% Gaglioppo con permanenza sui lieviti di 24 mesi per questo Metodo Classico Millesimato 2019. Esibisce con fierezza il suo oro rosa e un ricco, tenace perlage. L’intensità olfattiva sorregge una danza di frutta tra pesca, albicocca e scorza d’arancia, mentre note iodate e di lievito già alludono a una cremosità di bocca. Beva sapida, salmastra, fresca e agrumata dal finale tonico, vibrante, e un’eco balsamica avvincente.

Tommasone Vini, Armeno (NA) – Brì 1955, Dosaggio zero Rosato Metodo Classico

L’unico dosaggio zero in degustazione viene dall’isola vulcanica di Ischia dove l’Aglianico in purezza matura sui lieviti 24 mesi. La luminosità rosa ramato dal perlage inappuntabile rivela l’eleganza di un vino che, al naso, sprigiona immediatamente la propria provenienza. Sulfureo, minerale, vulcanico e salmastro, l’olfatto alterna agrumi di mandarino a note di arancio, mentre in bocca tutto quanto ritorna sopra una struttura acida e agrumata che regala una freschezza interminabile.

Angiuli, Adelfia (BA) – Rù, Valle d’Itria IGP Ancestrale 2018

La scommessa di Angiuli si chiama Maresco, vitigno sapientemente recuperato e spumantizzato con soste prolungate fino a 48 mesi sui lieviti naturali. La brillantezza di un giallo paglierino carico, quasi di limone, ci guida verso un olfatto dai toni di cedro e di ginestra, sotteso alle erbette aromatiche e a cenni balsamici. Con la freschezza e una nota appena amaricante, la piacevole sensazione di bocca prolunga il carattere tonico e fresco di questo antico Maresco.

Tenute Chiaromonte, Acquaviva delle Fonti (BA) – Puglia IGP, Brut Metodo Classico Ancestrale

Nicola Chiaromonte dal 1998 guida un’azienda che ha origine nel 1826 e che vanta coraggio, visione e determinazione.

Blend Chardonnay 90% e Fiano Minutolo 10% sosta 24 mesi sui lieviti. Appare luminoso e attraversato da una fine catena di bollicine che presto sostengono i sentori olfattivi di basilico, rosmarino e mentuccia attorno a una nutrita frutta esotica. Qui si innesta la dominante aromatica mediterranea. Equilibrato, fresco-sapido e persistente, questo Ancestrale mostra piacevole bevibilità e dinamismo.

Polvanera, Gioia del Colle (BA) – Macchia di Gatto, Puglia IGT Brut Metodo Classico Millesimato 2017

A quasi vent’anni dalla nascita di Polvanera, il titolare Filippo Cassano continua a maturare le sue convinzioni in tema di spumantistica e, dopo i tre Martinotti – Primitivo, Minutolo e Marchione – è la volta del Metodo Classico Millesimato 2017 “Macchia di Gatto”, un blend di Maresco, Marchione, Bombino bianco e Falanghina, adagiati per 36 mesi sui lieviti. La prestanza del perlage, così limpido e cristallino, apre a un vino gentile, dal naso aromatico, esotico e ricco di erbette. La beva è avvolgente in un equilibrio di bocca che rende masticabili le note di burro e lievito, mentre prepara un finale lunghissimo di mandorla.

Colli della Murgia, Gravina in Puglia (BA) – Amore protetto, Puglia IGP Metodo Classico

Omaggio alla memoria del compositore altamurano Saverio Mercadante, questo vino cresciuto nel Bosco di Difesa Grande in agro di Gravina è una perfetta tesi d’eccellenza sul Minutolo. 48 mesi sui lieviti per un impatto visivo dalla veste dorata e luminosa. Il naso è ricco e adesca immediatamente con le note balsamiche, i sentori di miele, agrumi in gelatina, ginestra e mela cotogna. Incessante anche in bocca con una lunghezza equilibrata e bilanciata sulla classe gustativa degli agrumi, su toni balsamici e mentolati, percettibili nella lunga persistenza.

Chiusa Grande, Noccia (PE) – D’Eus, Brut Metodo Classico

A Nocciano (Pescara) il “Vinosofo” e “bio-innovatore” Franco D’Eusanio ama raccontare il proprio territorio sia attraverso gli autoctoni, che con l’accoglienza riservata ai vitigni internazionali. È il caso di questo Brut da Pecorino, Montepulciano e Chardonnay che sfida il tempo con i suoi 60 mesi di bottiglia. Travolgente la luminosità dorata nel bicchiere mentre la delicatezza di lievito e di sambuco esalta il sorso che evoca frutta a polpa bianca e frutta esotica. Grintoso in bocca per la struttura nerboruta del Montepulciano e la sapidità del Pecorino. Un taglio che vanta freschezza, lunghezza ed energia anche nel finale appagante di cedro.