Domenico Demarinis

Il lusso esperienziale del vino Made in Italy

Nel 2015 il vino è entrato a far parte dei beni di lusso desiderati dagli italiani. [1] La ricerca del Censis che lo dimostra è stata commissionata proprio da Ornellaia, la famosa cantina di proprietà della famiglia Frescobaldi. Da questo studio emerge che il lusso non è più legato al possesso di beni tangibili, perché l’attenzione dei consumatori di fascia alta si è spostata sulla fruizione, sull’esperienza e sulle emozioni. Anche a livello internazionale si può notare come il lusso non sia più concepito come bene durevole riservato ad una piccola nicchia, ma come un’esperienza che includa elementi di eccellenza. L’interesse che prima verteva su automobili fuoriserie e abiti firmati, adesso si focalizza su hospitality ed enogastronomia e l’Italia assume un ruolo di rilevo in quanto può vantare strutture esclusive in questo settore: ristoranti stellati e cantine esclusive. Questa evoluzione si nota anche dall’aumento del numero di vini pregiati battuti alle aste internazionali, tra i quali i brand Made in Italy vengono venduti a prezzi più elevati (47%) di quelli francesi (-1%)[2]. Puntare sul brand invece che sul prodotto è sicuramente una strategia vincente e le motivazioni sono principalmente quattro. Prima di tutto il prodotto rappresenta un concetto che può subire cambiamenti nel tempo, mentre la marca rimane sempre la stessa. Si prenda l’esempio della famiglia Antinori che opera nel settore vinicolo dal 1385: nel corso degli anni l’azienda avrà sicuramente scelto di apportare modifiche al suo portafoglio di offering, ma ogni bottiglia è sempre rimasta indissolubilmente legata al prestigioso marchio fiorentino. In secondo luogo, il brand si configura come un’intesa perfetta di caratteristiche tangibili e intangibili, che sono strettamente correlate ai prodotti di qualità e alle esperienze di lusso. Ciò permette ai consumatori di entrare a far parte di una community e di seguire un certo lifestyle, non solo di acquistare una bottiglia di vino. Inoltre, questa strategia permette alla cantina di raggiungere livelli più elevati di awareness ed attractiveness, incrementando di conseguenza anche il valore del proprio prodotto. Infine, la brand experience assicura all’azienda un metodo di differenziazione rispetto ai competitors che si limitano semplicemente a perseguire l’obiettivo delle vendite, affermando così la propria presenza sul mercato.

Il vino, insomma, rappresenta sempre di più un’esperienza legata al territorio e alla tradizione e per questo diviene parte fondamentale del turismo. L’enoturismo in Italia genera oggi un giro d’affari di 2,5 miliardi di euro e gli enoturisti rappresentano in media il 26,9% del fatturato delle cantine italiane[3]. I fattori di successo del “Turismo del Vino” italiano sono principalmente cinque. Innanzitutto, la significativa domanda di “qualità alimentare”, cioè di vini che mostrino segni riconoscibili di tale qualità, come le indicazioni o le denominazioni di origine. Ha poi un ruolo importante anche la crescita della dimensione del “piacere”: i consumatori di vino sono sempre più alla ricerca di etichette che soddisfino i loro gusti e le loro aspirazioni e per perseguire questa finalità hanno dato vita ad un vero e proprio Movimento dell’enoturismo. Il forte interesse nei confronti di territori ecocompatibili ha permesso lo sviluppo del Movimento verso le zone meglio conservate dal punto di vista paesaggistico. Inoltre, il rapporto indissolubile tra la produzione viticola e la storia, la cultura e la tradizione locale rappresenta la caratteristica fondamentale che viene comunicata dalle cantine e positivamente recepita dagli enoturisti. Infine, un fattore di successo decisivo è costituito dal fatto che i consumatori di vino sono sempre più interessati a visitare le cantine per stringere un rapporto diretto con il produttore, il quale diviene quindi sempre più propenso ad offrire servizi al cliente e ad investire nell’accoglienza.[4]

Il profondo legame tra enogastronomia e turismo ha portato alla decisione del Governo Conte, nel 2018, di trasferire le competenze e responsabilità relative al turismo dal Ministero dei Beni Culturali al Ministero delle politiche agricole, alimentari, forestali e del turismo[5]. Le linee programmatiche del Ministro Centinaio mostrano quanto sia importante per questo nuovo Ministero lavorare sulla sinergia tra enogastronomia e turismo “definendo una strategia di promozione organica, basata anche su un ruolo primario dell’enogastronomia”[6].

In tale contesto appare sempre più evidente che per le aziende italiane la vera sfida consista non solo nel continuare a produrre vini di eccellenza ma, parallelamente, nella capacità di sapersi e saperli raccontare per poter assicurare al cliente, consumatore, turista di poter vivere un’autentica esperienza legata al territorio ed alla tradizione.

Avv. Domenico Demarinis

domenico.demarinis@unint.eu

 

[1] https://www.igrandivini.com/vino-bene-di-lusso/

[2] http://www.ansa.it/lifestyle/notizie/lusso/ristoranti/2015/02/17/il-lusso-piu-che-possesso-ora-e-emozione_76d45130-8427-42f5-8a00-594b663fd7b0.html

[3] http://www.universofood.net/2019/03/06/enoturismo-in-italia-dati-2019/

[4] “Il marketing del vino e del territorio: istruzioni per l’uso”, a cura di Riccardo Pastore, Franco Angeli, Associazione Nazionale Città del Vino.

[5] Legge n. 97 del 09/08/2018 sul Riordino delle attribuzioni dei ministeri dei beni e delle attività culturali e del turismo, delle politiche agricole alimentari e forestali.

[6] http://www.universofood.net/2018/07/31/enogastronomia-e-turismo-centinaio/