IL DISCIPLINARE COME MESSAGGIO IN BOTTIGLIA di Gianni De Gerolamo

 

Proviamo a rileggere il disciplinare che, grazie al lavoro del Consorzio di Tutela, consegna alla Puglia la prima DOCG riservata ad un grande protagonista delle sedici edizioni di Dolce Puglia.

Parlare di vini dolci attraverso un percorso che fonde vitigno e storia, tecnica di coltivazione e trasformazione, territorio e tradizione, può diventare un’esperienza diversa come punto di osservazione e di approccio al prodotto stesso, ma anche una lettura ricca di riflessioni di varia natura.

Il 2011 è l’anno in cui viene riconosciuta la prima Denominazione di Origine Controllata e Garantita per la Puglia riservata al “Primitivo di Manduria Dolce Naturale”. Finalmente, mi permetto di affermare, il primo riconoscimento per una regione che, sebbene da decenni sia al vertice della produzione di vino in Italia, purtroppo è stata sempre lontana, rispetto quelle concorrenti, dall’aderenza ai marchi di qualità.

IL VITIGNO E LA TECNICA

L’articolo sulla base ampelografica rende giustizia al nostro autoctono, il Primitivo da utilizzare in purezza. Un vitigno che beneficia di un dono di Madre Natura poiché la sua genetica gli ha dato una fioritura tardiva ed una precoce maturazione, da cui ha origine il suo nome anche detto Primativo o Primaticcio. Dote naturale di un breve ciclo annuale che lo allontanava dai pericoli come neve e gelature dove colpi di coda di inverno potevano dare alla sua ripresa vegetativa, così come la maturazione precoce evitava quelli gli stessi eventi atmosferici dovuti ad un anticipo invernale. Eppure, nonostante un ciclo vegetativo più corto, il Primitivo garantisce uno straordinario apporto zuccherino che andrà a caratterizzare tutte le sue successive trasformazioni in vino secco o dolce come in questo caso raccontato.

Mi piace poter affermare di quanto un disciplinare “racconta” di norme per la viticoltura volte a garantire la qualità del prodotto in chiave di eccellenza. Massimo 3.500 piante per ettaro, storicamente riservati ai meravigliosi alberelli pugliesi, oggi invece sempre più orientati verso Guyot o cordone speronato. Produzioni non massive per ciascuna pianta, una resa massima di 7 tonnellate per ettaro ed una maturazione che riserva un titolo alcolometrico naturale minimo di 16% vol.

È ammessa l’irrigazione di soccorso perché il caldo della nostra regione, sia per gli effetti della latitudine, sia per i cambiamenti climatici o global warming, ci regala ormai da tempo temperature tropicali. Mai come quest’anno sarà ricordato come quello con l’estate più avara d’acqua e torrida degli ultimi decenni, fenomeno che ha portato alla dichiarazione dello stato di emergenza per la siccità con conseguenze gravi per l’agricoltura e le principali coltivazioni. Stiamo tranquilli, perché seppure le quantità produttive segneranno un deciso calo, le indicazioni provenienti dalla vendemmia parlano di una straordinaria qualità.

IL VINO

Le norme sulla vinificazione parlano di un appassimento dell’uva sulla pianta, su graticci oppure in cassette all’aperto, ed una resa non superiore al 60% pari ad una massima di 42 ettolitri per ettaro, pena il diritto di ottenere la DOCG. Il nostro “Primitivo di Manduria Dolce Naturale” DOCG può essere messo sul mercato almeno il 1° giugno dell’anno successivo alla vendemmia e deve garantire un titolo alcolometrico volumico minimo del 16,00% con un residuo zuccherino che non inferiore a 50,0 g/l.

PERCORSI

L’articolo inerente alle zone di produzione delle uve traccia un percorso lento lungo sentieri che tracciano confini tra denominazioni, tagliando tratturi, muretti a secco, masserie, poderi e torrenti. Ci prende per mano facendoci muovere tra i confini dell’area in cui è possibile produrre il vitigno del “Primitivo di Manduria Dolce Naturale” o meglio, “nelle province di Taranto e Brindisi e comprende i terreni vocati alla qualità di tutto o parte dei Comuni compresi nelle suddette province”. E giù con punti di riferimenti geografici, a volte il km di partenza, a volte la strada di confine, svoltando per masserie, mura di cinta e incroci, una forma di turismo lento, il cammino intorno ad un areale di produzione.

Un viaggio che racconterebbe di un paesaggio a gradinate che degrada verso la costa attraverso rilievi calcarei fra gravine e vigneti alternati a seminativi, oppure oliveti, tra terreni argillosi calcarei, a volte sabbiosi, a volte terre rosse di componente ferrosa.

LEGAME STORICO

Bere un bicchiere di vino è come assaporare una goccia del fiume della storia umana (Clifton Fadiman).

La presenza del vino in questo territorio ha un’origine antica. I “mera tarantina” presenti nell’antica Aulonia furono paragonati da Orazio al famosissimo Falerno, di cui riproducevano le doti di longevità, austerità e forza. Il Falerno ha una storia strana, un vino tanto celebrato dalla letteratura dell’antica Roma e, allo stesso tempo, un perfetto sconosciuto. Per il suo pregio, una sua anfora poteva essere scambiata con uno schiavo, eppure di questo straordinario protagonista delle tavole e dei piaceri dell’antica Roma non si è mai saputo con quale vitigno fosse prodotto, forse uve aminee provenienti dalla Tessaglia, parenti della famiglia dei moscati. Potrebbe essere per questo legame ancestrale che, anticamente, il Primitivo veniva coltivato anche nella DOC del Falerno del Massico, a nord di Caserta, a confine con il Lazio e comunque vicino a Roma. Senza tralasciare la parentela di questo vitigno con i parenti della Dalmazia e con il Zinfandel della California.

Copiosa è anche la letteratura di questa varietà nella nostra regione tra il monopolitano Prospero Rendella ed il gioiese Filippo Indelicati, e tanti sono i punti in comune con il vino Tarentinum che la storia ci consegna.

Nel 1887 il De Rovasenda annotò che “il Primitivo, coltivato in Terra di Bari matura la sua uva molto precocemente e può dare un buon vino….; dà in qualche località un vino liquoroso”,  sono i probabili primordi del “Primitivo di Manduria Dolce Naturale”, di un disciplinare che diventa depositario della nostra memoria e garante del rispetto della qualità di una produzione autoctona. I suoi articoli attraversano le straordinarie qualità di un’uva, assecondando i suoi tempi di coltura, la bellezza dei suoi primitivi alberelli, la ricchezza in termini di zucchero dei suoi acini e la magia presente nella sua trasformazione in un nettare divino.  

L’ANIMA DEI LUOGHI ED IL TURISMO

Numeri da record per il turismo in Puglia nel 2022: una stagione estiva con oltre 2 milioni di arrivi. Gli ospiti stranieri sono guidati da Francia, Germania, Svizzera, Regno Unito e Stati Uniti e tra i Mercati emergenti Extra Ue 2022 spiccano Australia, Canada, Brasile. Una scelta dettata dalla scoperta delle nostre mete come mare, clima, trulli, castelli, chiese, arte, grotte ed enogastronomia.

In questo senso, proviamo ad abbinare il nostro “Primitivo di Manduria Dolce Naturale” al fenomeno turismo con l’auspicio di renderlo “armonico”. Un prodotto che con il suo disciplinare si porta dietro emozione e forza e trasmette una rievocazione, diventando cifra del fenomeno vino dolce e allo stesso tempo nostalgia.

Un disciplinare custodisce il suo “genius loci”, l’anima dei luoghi, una la formula magica, il contatto della terra con il tempo. Infilando il territorio come un “messaggio in bottiglia” nel vino se ne coglie l’anima, il genio, l’immagine della cultura di un territorio che si racconta attraverso il colore, riflessi, profumi e gusti. La forza della Puglia emerge attraverso la storia e la sua tradizione, raccontando al meglio l’identità delle proprie radici e dei propri vitigni nel tempo.

Bisognerebbe imitare i produttori francesi che si pongono l’obiettivo di “vendere il vino attraverso il territorio ed il territorio attraverso il vino”, identificando in un prodotto un insieme di elementi e di eccellenze legate alla propria terra e alla propria storia. Vendere il territorio significa allora evocare il rapporto tra natura ed abitanti esistito in quel luogo per secoli, i cicli di vita e di lavoro, la cultura di antiche generazioni e l’unicità della sua civiltà. Vendere il territorio diventa un’operazione economica utile per tutti gli operatori che vi lavorano, per gli esercizi commerciali in genere, per le strutture dell’ospitalità, per tutta la popolazione, perfezionando sempre più azioni di Marketing Locale e potenziando l’integrazione tra stakeholder orientati verso le nuove forme di Turismo Enoico di appassionati sempre più curiosi e crescenti.

Riflettendo, l’introduzione delle DOC italiane nel 1963 fu pensata soprattutto per proiettare la nostra vitivinicoltura all’inseguimento qualitativo del comparto francese, impedendo gli abusi nella produzione e nel commercio dei vini, ed evitando che prodotti di scarsa qualità, non tipici e ottenuti in aree imprecisate o non tradizionali, fossero messi in commercio col nome di vini pregiati e potessero quindi danneggiarne l’immagine. Allo stesso tempo si incastonava il vino ad un territorio ed alla sua storia.

Perciò l’aderenza ad un disciplinare si porta dietro tutte queste implicazioni. Si cresce in tutto.

Bisogna lavorare sempre, in tutto il comparto del vino pugliese, per scardinare la ritrosia del produrre vino a marchio, evitando di svendere le nostre ricchezze enologiche in anonime cisterne che ancora oggi partono per arricchire etichette altrui.

Produciamo sempre più eccellenze DOP, DOCG, DOC, IGP e IGT Puglia, perché ancora troppo lontani dalle percentuali di produzioni a marchio che blasonati concorrenti posseggono, troppo lontani dal comprendere quanto perdiamo in termini di economia ed immagine.

L’ASSAGGIO

Camminare con quel contadino che forse fa la stessa mia strada, parlare dell’uva, parlare del vino che ancora è un lusso per lui che lo fa (Rino Gaetano).

Ed ecco come una passeggiata attraverso la narrazione di un disciplinare può strappare un vino dall’anonimato per consegnarlo all’assaggio pregno di svariati “messaggi in bottiglia”. Allo stesso tempo, il racconto di un’eccellenza, ancora una volta protagonista della XXVI edizione di Dolce Puglia ci “presenta un colore intenso (rosso tendente al granato), di media acidità, con odore ampio e complesso, talvolta con sentore di prugna e sapore dolce, vellutato, caratteristico”.

 

Gianni De Gerolamo – Docente AIS Puglia e Vice Delegato Murgia